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U26 Experiment: un gioco sulla morale maledettamente divertente

U26 Experiment è un Gioco di Ruolo decisamente fuori dalle righe. E’ un esperienza masterless in cui ogni giocatore ha il controllo di una parte delle molteplici personalità di un singolo alter-ego. Il mondo in cui l’alter-ego si muove è creato comunitariamente, così come lo sono le sfide morali a cui viene sottoposto. Il tutto prima dell’inevitabile sopraggiungere della fine.

Decisamente un’introduzione diversa dal classico siete un gruppo di avventurieri…

COME UN MONDRIAN

U26 Experiment porta con sé il fascino di un pezzo di arte moderna. Sono anche convinto che il suo autore Matteo Ignesti, il suo impaginatore Andrea Marmugi così come l’editore, ovvero Stratagemma Edizioni, lo sappiano perfettamente.

Il primo indizio ce lo da una rapida scorsa del prodotto: dalla prima alla quarta di copertina, passando per tutte le pagine interne, l’uso di linee e forme geometriche, così come i colori scelti, mi portano immediatamente alla mente un quadro di Piet Mondrian, in particolare le sue famose composizioni come: “Composizione con rosso, blu e giallo”.

U26: UNO, NESSUNO, CENTOMILA

Ritroviamo quindi il team dietro Genofunk che propone un prodotto sfaccettato e sofisticato, la cui profondità è difficile da intuire attraverso la sola lettura del manuale. Nel suo framework essenziale U26 ci porta una sfida narrativa, simile a quella di giochi come “Everyone is John”, ma spogliandolo della gimmick comica o assurda. Arriviamo quindi ad un prodotto più simile a “La Sposa di Barbablù”, recuperabile da noi in lingua grazie a Narrattiva.

U26 ci cala nel ruolo delle Personalità, le sfaccettature della psiche di un singolo personaggio, la Protagonista.

IL GIOCO GIOCATO

Helios Pu nel suo “Guida Punk alla progettazione dei Giochi di Ruolo” afferma che quando parliamo di GDR, non possiamo che parlare del play, ovvero del gioco esperienziato attraverso il gioco. Che non possiamo limitarci alla lettura di una quarta di copertina o dell’intero manuale per dire di aver compreso l’esperienza che quel gioco porta al tavolo. Nella stessa maniera in cui aver visto un trailer non ci permette di dire di aver effettivamente visto un film. 

In linea di massima sono d’accordo, ma sono convinto che, grazie soprattutto all’esperienza formata in precedenti esperienze al tavolo, dopo una lettura attenta di un prodotto, si può proporre un educato pronostico del tipo di esperienza che un gioco darà, permettendoci quindi di decidere se affrontare o no quel tipo di esperienza. 

Probabilmente mi basterà aver provato qualche gioco di stampo OSR (Old School Renaissance, la scuola che ci vuole riportare con lo spirito e il cuore ai fasti delle primissime edizioni di D&D e simili), per decidere se “Four Against the Darkness” o “Le Marche dell’Est” sono un tipo di esperienza che voglio proporre al tavolo.

U26: NELLA MENTE DEL GIOCO

U26 Experiment si presenta quindi a noi come un pezzo di arte moderna, come le famose composizioni di Mondrian. Il framework all’apparenza è semplice, il setting interessante, ma in qualche misura familiare ai topoi della fantascienza. L’interrogativo quindi si pone sul play, sull’esperienza del gioco stesso: durante i tiri per diventare Alpha, ottenendo predominio sulla psiche della Protagonista, quando dovremo decidere quanti e quali dadi investire e quando dovremo restare a guardare dando solo il nostro silenzioso supporto ad un’altra delle personalità, noi come giocatori cosa stiamo vivendo? 

Il gioco condivide le sue tematiche principali, ovvero le scelte morali e il controllo di un singolo individuo, con pochi altri titoli nel mercato e un con framework originale con cui è difficile fare confronti (almeno “La Sposa di Barbablù” è un PbtA, QUI trovi l’articolo dedicato ai framework per saperne di più!). Risulta quindi impossibile prevedere l’esperienza di gioco solo dal manuale.

ANALISI EMPIRICA SULL’EVOLUZIONE DI U26

Però, avendolo provato, vi posso dare la mia esperienza:

U26 è un gioco complicato in alcuni suoi aspetti, che ha bisogno di un buona intesa tra le varie personalità per funzionare al meglio. U26 ogni tanto, se siete stati poco saggi a distribuire i vostri dadi o semplicemente molto sfortunati, rischia di relegarvi in un ruolo più da “sostenitore” che di “giocatore”, dato che potete solo concordare con una delle personalità che ha ancora dadi.

Su tutto però, U26 è appassionante, emotivamente coinvolgente e, su tutto, divertente.

Molto divertente.

La cosa folle è che la parte più divertente è proprio “scannarsi” sulla visione del mondo, sul decidere che scelte prendere in base alla nostra Protagonista, l’Archetipo della Personalità che stiamo interpretando, e sinceramente il bias delle nostre opinioni come persone.

E’ decidere se risparmiare o no il Nichilista che stava sabotando la Mangiatoia. Decidere se andare o no contro la legge non scritta che vieta di ferire un Bello, pur di ottenere ciò che vogliamo. Scegliere se chinare o no la testa davanti ad un Dominatore. Se procurare o no una donna allo Scienziato. Se aiutare o no il Cannibale a tornare a Culla 2.

CRONACA DI UN ESPERIMENTO

Dopo tutto questo necessario preambolo, passiamo ad un’analisi nel dettaglio del prodotto.

Dal punto di vista dell’ambientazione, U26 ci presenta un setting distopico, o come preferisce autodefinirsi, contro-utopico. La Culla è l’artificiale giardino dell’Eden in cui i neo Adami ed Eve, esseri umani creati artificialmente, possono vivere una vita priva di una qualsiasi influenza esterna: che si tratti della cultura, dei genitori o del fardello delle malattie genetiche. 

Lo scopo della Culla è scoprire come evolverà questa società, e quali scelte etiche, morali e sociologiche verranno prese dalla comunità stessa. Sono oramai passati anni dalla Genesi, l’inizio del progetto, e i racconti in lore che aprono il manuale ci raccontano lo stato attuale della Culla.

La società di neo-umani si è divisa in caste, anzi in vere e proprie fazioni costantemente in attrito tra di loro.

Abbiamo Scienziati che cercano di mandare avanti il progresso tecnologico. Dominanti che hanno formato gang per esercitare il loro dominio su una delle frazioni della Culla. Belli che girano senza scopo e coscienza di sé per la Culla, afflitti da un male sconosciuto, ma che vengono trattati come creature di buon auspicio. Nichilisti che predicano la fine del tutto. Sottomessi costretti al servizio di qualche Dominante che portano avanti la loro passione per le arti. Matriarche che combattono le altre fazioni e si assicurano di proteggere le donne, troppe volte usate più come oggetti che come persone. Cannibali che a dispetto del nome non si nutrono di carne umana, ma “cannibalizzano” la Culla stessa e i suoi automatizzati operai, per creare qualcosa a loro immagine.

Infine abbiamo gli Architetti, gli eredi dei Padri costruttori della Culla, che conoscono i codici segreti per manipolare direttamente la base.

Ed è proprio uno di loro, l’ultimo rimasto, ad inizializzare il r.e.s.e.t. nella storia.

LA CULLA DELL’OCCHIO DELLA MENTE

Personalmente avrei voluto forse qualcosa di più sull’ambientazione: il manuale si apre ed è arricchito da diverse narrazioni e diversi punti di vista “in lore”, ma a mio sentire nella totalità del prodotto questi racconti avrebbero dovuto ricoprire un ruolo più esteso, visto l’importanza di creare il prima possibile un immaginario ed un sentire comune e condiviso al tavolo.

E’ ovvio che chiunque può inventare le proprietà dell’enclave chiuso del proprio Universo 26, ma avrei sinceramente molto apprezzato una decina di altre pagine dedicate dove mettere qualche aggancio in più per aiutare giocatori e narratori ad avere spunti per imbastire meglio la propria Culla.

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R.E.S.E.T.

Cos’è il r.e.s.e.t.? Detto semplicemente: la fine del gioco. La “piccola campagna” che andremo a giocare è composta da una sessione per giorno prima del r.e.s.e.t. più una sessione finale. Il numero di giorni è deciso dal numero di partecipanti al tavolo. Quindi un tavolo di quattro giocatori vivrà cinque sessioni, ovvero quattro giorni prima dell’arrivo dell’evento e la sessione di chiusura.

La natura dell’evento in sé per sé è lasciata volutamente vaga (come ogni buona apocalisse, vedi la Gehenna di vampirica memoria) così che ogni tavolo possa raccontare cosa accade alla propria Culla allo scadere del countdown.

Altro elemento interessante, è quello di decidere una durata precisa di tempo per ogni sessione (tranne l’ultima che dovrà prendersi tutto il tempo necessario). Un vero e proprio timer da settare fuorigioco, che si tratti di due, quattro o sei ore. Con la chiara indicazione che, nel caso la fine del timer dovesse sopraggiungere prima di quella della sessione, di fermare lì la storia, di lasciare la narrazione volutamente aperta, così da dare la scelta al Narratore successivo se continuare oppure iniziare un nuovo giorno, forse addirittura con una nuova Protagonista.

Citando l’esempio del manuale stesso:

Quattro scellerati decidono di giocare a U26. Si ritrovano spesso dopo cena e decidono che giocheranno delle sessioni lunghe quanto la loro digestione. Due ore a giornata è il termine che si danno. Sanno quindi che faranno quattro giocate da due ore ciascuna più una sessione finale dove si prenderanno tutto il tempo per chiudere il loro Universo

MOLTE PERSONALITÀ, MOLTI NARRATORI

Ma come? Narratore successivo? Nuova Protagonista? Esatto, in U26 per ogni sessione un giocatore differente ricoprirà il ruolo di Narratore, e gli altri si spartiranno le varie personalità della Protagonista che creeremo insieme. Potremmo decidere di seguire una singola Protagonista per la durata di tutta la narrazione, oppure di creare ad ogni sessione una nuova Protagonista, con una sessione finale corale che chiuderà la storia di tutti i coinvolti.

Ogni Narratore inoltre, all’inizio della sessione (o alla fine di quella precedente) dovrà scegliere due Situazioni Narrative. Queste non sono altro che linee guida molto ampie che permettono di mettere a fuoco cosa far accadere durante la narrazione. Le Situazioni Narrative sono prese da un testo di Polti chiamato “Le 36 situazioni drammatiche”. Furono scritte per il teatro e poi trasportate nel cinema, e sono l’attuale base di molte sceneggiature. Sono strumenti molto utili per aiutare a tenere la narrazione sul giusto focus, contando che tutti dovranno calarsi nei panni del Master, anche i meno avvezzi.

U26: PSYCHO SYSTEM

Passiamo ora al framework vero e proprio.

Ogni giocatore avrà davanti a sé dieci D10 (dadi a 10 facce), divisi in 5 bianchi e 5 neri. Questi dadi serviranno nell’asta dell’Alpha per decidere qualche personalità prenderà il controllo della Protagonista. Quando il tavolo dovrà decidere cosa fare ognuno proporrà una soluzione in base all’archetipo della personalità che interpreta. Se si decidono di “investire” i dadi bianchi, queste proposte faranno appello ai Pregi della personalità. Altrimenti, usando i dadi neri, si farà appello ai propri Difetti

Quindi, per prendere il controllo, ogni giocatore dovrà decidere quali e quanti dadi tirare. Nota bene però, si può tirare un solo colore per volta, o bianco o nero, non si possono mischiare. Si può scegliere di non tirare affatto (perché si hanno finito i dadi o perché li si vuole conservare), in quel caso si dichiara a quale altra personalità dare sostegno, concedendogli un +1 sul tiro.

ALPHA

Si tirano dunque i dadi, e il giocatore con il singolo risultato più alto fa agire la protagonista come precedentemente dichiarato, diventando l’Alpha, quantomeno per la scena in corso. Il nuovo Alpha rimuove i dadi “investiti” nel tiro dalla sua riserva. Un giocatore senza dadi può solo dare sostegno. 
L’Alpha può mantenere il controllo anche per le scene successive, fino a quando un’altra personalità non vuole prendere il sopravvento, chiamando un nuovo tiro.

In generale ogni qualvolta la Protagonista deve intraprendere un’azione dal risultato incerto, il giocatore Alpha tira tanti dadi quanti ne ha usati per prendere il sopravvento e considera il singolo risultato più alto (applicando anche il modificatore degli astenuti se c’è stato). Gli outcome possibili vanno da un fallimento disastroso in caso di 1 o 2, fino a successi spettacolari per un 10, passando per varie gradazioni di fallimenti con risvolti positivi, outcome neutri e successi ad un costo.

IT’S THE FINAL COUNTDOWN

Arriviamo dunque all’ultima sessione, quella dove avviene il r.e.s.e.t., in cui abbandoniamo le meccaniche della personalità e dell’Alpha, per dedicarci ad un vero e proprio freeform narrativo, in cui tireremo le file del destino della Protagonista (o ancora meglio, delle Protagoniste) e racconteremo gli ultimi momenti della Culla insieme. Al contrario delle altre, come dicevamo sopra, questa sessione non presenta limiti temporali e si esaurisce unicamente quando il tavolo è soddisfatto del risultato raggiunto, con ogni giocatore che arriva a recitare la frase rituale “…e avvenne il r.e.s.e.t.”.

Sono introdotte delle piccole possibilità meccaniche, ma in misura discretissima (soprattutto se messe a confronto con il flow delle sessioni precedenti). In merito a questo, è sicuramente gradito il cambio di registro per dare un senso di conclusione e sontuosità alla sessione finale e sicuramente funziona, ma a gusto personale avrei gradito l’introduzione di una meccanica, anche piccola, che ancora avesse un fattore aleatorio o la necessità di gestire una risorsa finita.

Qualcosa di “giocoso” da masticare mentre il countdown della Culla e della nostra storia raggiunge il suo termine.

L’INIZIO DELLA FINE

Il manuale prosegue con l’elenco e la dettagliata spiegazione delle Personalità e degli archetipi che ognuna di loro abbraccia e l’elenco e la volutamente non troppo dettagliata spiegazione delle Situazioni Narrative. Mi trovo concorde con l’idea di tenere queste parti al minimo per evitare di “influenzare” le scelte e i toni della narrazione al tavolo, ma sicuramente chi è meno “scafato” potrebbe aver bisogno di qualche stimolo in più.

Troviamo in coda il Glossario dei termini del gioco ed una guida su come generare i nomi per gli abitanti della Culla.

Come Genofunk, U26 Experiment è privo di illustrazioni, ma il fantastico lavoro di layout del testo e l’uso delle figure geometriche e dei tre colori compensa ampiamente, non facendo pesare l’assenza di artwork. Come Genofunk però, U26 ha diversi piccoli refusi all’interno del testo, che seppur non impattino minimamente sulla comprensione o sul godimento del testo, saltano all’occhio, soprattutto su un prodotto che si attesta sotto il centinaio di pagine.

U26: CALIBRAZIONE

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In chiusura quindi, U26 Expertiment per me è un prodotto validissimo, che però mostra il suo lato migliore solamente nell’atto di essere giocato, rivelandosi avvincente, divertente e spesso anche commovente.

Provatelo con gli amici, trovate chi lo porta in fiera, costringete quelli di Stratagemma ad acchittarvi un tavolo al prossimo Modena, ma provatelo. 

Ne vale la pena.

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