Mondo Giochi da Tavolo: gruppo elitario?
“Il mondo dei giochi da tavolo è un settore di nicchia, che deve uscire dai suoi confini”.
Quante volte lo abbiamo sentito dire?
“E’ necessario far conoscere la nostra passione per ampliare il bacino di giocatori”.
Non è così?
“Tengo nella mia libreria questo gioco perché è un ottimo introduttivo”.
Chi di noi non ne ha almeno uno?
I giocatori italiani sono un popolo di santi, navigatori e… a sentirci parlare, divulgatori.
Le tre affermazioni dell’incipit, spesso ribadite in più ambiti, sembrano esserne la conferma. La nostra community è composta da persone che hanno voglia di condividere la loro passione, pronte a “tirare dentro” neofiti e curiosi che accrescano le fila degli appassionati del gioco da tavolo. Insito in ogni giocatore (oltre a logicamente ad ogni editore o venditore di questo settore) c’è un piccolo predicatore desideroso di “diffondere il verbo”.
Potremmo quindi affermare che il mondo del gioco da tavolo sia per sua costituzione di facile accesso. Ed è sicuramente così. Se si pensa alle associazioni ludiche sparse sul territorio, agli eventi dedicati distribuiti lungo tutto l’anno, ai negozi di giochi nelle nostre città (che lo faranno sicuramente per loro tornaconto, ma sono per tanti versi un punto di prima informazione) fino ad arrivare al singolo giocatore che, nel privato della sua casa, invita gli amici per proporgli un gioco, si può capire come oggi ormai sia facile entrare “in contatto” con il nostro mondo.
Ma è effettivamente così? Siamo realmente così accoglienti? Il mondo del gioco da tavolo è di facile fruizione per i neofiti?
Per alcuni aspetti non proprio.
Per chi si addentra un po’ di più in questo settore le difficoltà possono crescere in modo esponenziale. La “curva di apprendimento” diventa ripida soprattutto per chi decide di buttarsi senza il supporto di una guida. In parte questo è normale: qualsiasi passione richiede tempo e sforzo per essere compresa e conosciuta a pieno. Tra l’altro non si può negare che oggi esistano contenuti e canali che sono di vero supporto per chi è a digiuno. Ma esistono allo stesso tempo dinamiche e comportamenti che rappresentano uno “scoglio” per chi cerca di approdare.
Gatekeeping e cerchie strette
Il primo fenomeno rilevante è, facile a dirsi, di tipo sociale. Alle “aperture” di associazioni ed eventi si contrappongono le “chiusure” su gruppi e social. Il novello giocatore può essere facile bersaglio dei più esperti che, in alcuni casi, preferiscono l’ironia e la critica piuttosto che la pazienza e la comprensione. Il tanto odiato gatekeeping inteso sia come filtro all’accesso di persone ma anche di informazioni (intese qui come spiegazioni, chiarimenti o delucidazioni in merito ai vari argomenti trattati) è sempre dietro l’angolo. Alcune volte è più palese, altre, più sottile e sotteso. Anche nei gruppi aperti a tutti ci possono essere forme di esclusivismo. Lo sono le cerchie strette di giocatori con comportamento elitario o con comunicazione più o meno codificata che pongono un muro “invisibile” a chi non è addentro.
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Anche alcune informazioni possono essere selettive. Tanti contenuti, anche per stessa ammissione degli stessi realizzatori, spesso sono rivolti ad un pubblico “interno” piuttosto che verso chi non conosce il nostro mondo. Approfondimenti, interviste, articoli o tipologie di intrattenimento, anche se interessanti e arricchenti, sono fruibili solo chi ha già un buon background precostituito. In questo caso lo scoglio può essere oggettivo (informazione di “alto livello” che necessiterebbe di spiegazioni più semplici al neofita) o di tipo soggettivo (ci si rivolge intenzionalmente a chi ci può comprendere perché al nostro livello di conoscenza o esperienza).
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Ma il mondo del gioco da tavolo può essere elitario anche sotto altre forme. Una, ad esempio, è relativo alla età dei consumatori. Se si pensa ad esempio al fenomeno Kickstarter, i prodotti (giochi) veicolati su questa piattaforma sono rivolti quasi esclusivamente ad un “pubblico adulto”. Questo perché solo un adulto può assumersi il rischio insito alla natura del finanziamento o sopportare un certo tipo di costo. In realtà, a guardare il mercato del gioco da tavolo in generale questo sembra, a livello comunicativo, molto più rivolto ad un pubblico di fascia alta d’età piuttosto che più giovane. Questo perché, a guardar bene, l’età media del prototipo dell’appassionato è alta. Basta girare per gli eventi per rendersene conto. La fascia d’età 10-25 anni è minoritaria confronto a quella 25-40. Di conseguenza, tutto quello che gira dietro al nostro mondo, si rivolge, comunicativamente parlando, principalmente a quella fetta di pubblico.
No grazie, non ci serve nulla
Ma serve veramente tutta questa apertura? Abbiamo effettivamente bisogno di infoltire le schiere di giocatori? E c’è realmente la necessità che questi siano abili conoscitori della materia per far sì che il settore del gioco da tavolo possa crescere? C’è (…da scriverci un altro pezzo) chi ritiene che l’ampliamento della “base” non porti altro che giochi di livello più basso. Ma all’estero non sembra esserci questa opinione. Basta vedere la media delle ultime pubblicazioni: sono sempre più rivolte al casual gamer che non ai core. Dietro a questa scelta, sicuramente di natura commerciale (si vende sicuramente di più un peso medio che non un “cinghiale complesso”), potrebbe nascondersi una motivazione di tipo culturale. Dopotutto se i giocatori sono persone mediamente adulte, magari avranno poco tempo per giocare e poca voglia di immergersi in qualcosa di molto impegnativo. Oppure, il mondo del gioco si sta adeguando al “logorìo della vita moderna” (facendo citazioni antiche): non c’è più tempo di soffermarsi troppo su una cosa, compreso un gioco. Sicuramente ci sarebbe ancora molto da scrivere a riguardo, ma questo vuole soltanto essere uno spunto di riflessione. E voi? Giocate sempre con la vostra cerchia, oppure il tempo che avete da dedicare al gioco lo investite anche nell’essere inclusivi?
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